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DIVENTIAMO CIÒ CHE NON RIUSCIAMO A PERDONARE – La questione della rabbia e della vendetta

Tempo fa stavo guardando in TV un documentario sulle carceri americane che, purtroppo, sappiamo tutti avere un sistema di giustizia talmente rigido da contare (molto più che in altre parti del mondo) moltissime persone innocenti dietro le sbarre, o meglio “colpevoli fino a prova contraria”.

Il documentario era proprio dedicato a queste persone che, dopo aver scontato anni ed anni di prigione ingiustamente, venivano finalmente scagionate e liberate, non prima di aver passato quasi una vita intera in condizioni terribili di reclusione e dopo aver subìto i soprusi più indicibili da altri detenuti e dalle guardie stesse.

La cosa terribile che emergeva dalle loro interviste era la rabbia che si portavano dentro per aver dovuto sopportare risse, dispetti, solitudine, agguati ma, soprattutto, per aver dovuto imparare a farsi rispettare in quella versione di mondo così crudele, tirando fuori il loro lato peggiore per difendersi.

Avevano dovuto fare i conti con la cattiveria vera, pur non avendo commesso alcun crimine. Ed erano diventati cattivi anche loro, per sopravvivere.

Sono rimasta molto colpita dalla frase di un ex-detenuto, ritenuto poi innocente e liberato, che, mentre raccontava di come aveva dovuto imparare a ri-vivere una volta fuori, ha detto : “What we don’t forgive, we become” , che significa “Diventiamo quello che non riusciamo a perdonare”.

Perché perdonare il giudice che ti ha condannato ingiustamente, gli altri detenuti che ti hanno massacrato di botte, fatto dispetti, che hanno tradito la tua fiducia per tornaconto, le guardie che ti hanno punito quando per disperazione avevi reagito o, peggio ancora, l’avvocato che ti aveva promesso che in un mese eri fuori e non ha fatto altro che aggravare la tua situazione, è davvero un atto di immenso coraggio.

Ma chi non ci riesce, chi non riesce a compiere questo enorme atto di amore per se stesso (perché volenti o nolenti di questo si tratta) è destinato all’inferno sulla terra. E’ destinato a provare rabbia giorno e notte, desiderio di vendetta, a guardare sempre indietro e a non andare mai avanti, a non ricostruirsi, a non costruire nulla di nuovo che possa dare un senso al presente e al futuro.

Ed è per questo che moltissimi ex detenuti, incarcerati ingiustamente, quando tornano alla libertà non reggono lo stress e si tolgono la vita.

“Diventiamo quello che non riusciamo a perdonare”.

Si diventa aridi, cattivi, rigidi perché incastrati nel passato in un labirinto senza uscita che risucchia fino all’ultima goccia di anima.

Ho riflettuto tantissimo sulla frase di questo giovane ex- detenuto e, seppur con le dovute differenze, ho pensato che queste sue parole si possano applicare in tutte quelle situazioni di abuso psicologico che viviamo, anche senza esser finiti in una prigione fisica.

Essere (o essere stati) in relazione un Narcisista è proprio questo: una prigione dalle sbarre trasparenti, ma allo stesso modo tangibili. E’ essere (stati) massacrati da chi credevamo ci amasse, è (stato) essere presi a botte invisibili (ma altrettanto dolorose) perché ritenuti mai “abbastanza”. E’ (stato) essere prosciugati di energie, positività, soldi, e sogni per il futuro da chi non ci ha mai nemmeno visti, perché agli occhi del Narcisista i “trasparenti” siamo noi.

E quando ci liberiamo da cotanta sofferenza, quando ci risvegliamo dall’incubo, quando prendiamo in mano la nostra vita ed elaboriamo l’ingiustizia subita, il desiderio di vendetta ci bussa alla porta. Sta lì, non possiamo negarlo.

Vorremmo che tutto il male che ci è stato fatto gli si ritorca contro (e nessuno mi toglie dalla testa che questo, per una legge di Equilibrio Universale, alla fine dei conti avvenga), subito, senza colpo ferire.

Siamo arrabbiati.

Ma solo trovando nel nostro cuore un piccolo spazio di compassione verso noi stessi  in primis- (perché abbiamo inconsciamente e in buona fede giustificato tali comportamenti)  e -in seconda battuta – per il nostro vampiro emotivo, possiamo trovare un po’ di pace.

Non sarà preoccupandoci che questa vendetta si consumi che troveremo serenità.

Non sarà guardando il resto del mondo con sospetto, non aprendo più il nostro cuore, la chiave di volta.

Sarà tornare a splendere, la vera conquista. Sarà tornare ad amare noi stessi e poi le persone giuste, la vera vittoria.

Restare impantanati nel rancore ci farà diventare come loro. Brutti, oscuri e dei morti viventi.

“Diventiamo quello che non riusciamo a perdonare”.

E’ difficile, ma il tempo è galantuomo e aiuterà.

Soltanto aprendosi alla possibilità di accogliere il dolore e di dargli uno spazio nel nostro cuore, questo piano piano scemerà.

E’ il primo grande atto di Amore verso noi stessi. E forse, è arrivata l’ora di donarcelo.